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Hanno ucciso l’uomo ragno: quando la provincia italiana diventa epica televisiva

Su Sky e NOW è disponibile una serie che ha fatto qualcosa di sorprendente: ha trasformato la storia di due ragazzi di Pavia in un fenomeno culturale capace di parlare a intere generazioni. Hanno Ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883 non è solo la biografia di Max Pezzali e Mauro Repetto. È il ritratto di una generazione cresciuta negli anni ’90, quando l’analogico stava per cedere il passo al digitale e i sogni sembravano ancora possibili.

La serie Sky Original di Sydney Sibilia è una dramedy di 8 episodi prodotta da Sky Studios e Groenlandia che ha conquistato pubblico e critica. Non era scontato. Raccontare una storia che tutti conoscono, con canzoni che tutti hanno cantato, rischiava di trasformarsi in un esercizio nostalgico vuoto. Invece, Sibilia ha fatto qualcosa di diverso: ha usato gli 883 come porta d’ingresso per parlare di noi.

Due underdog che non sapevano di esserlo

Max Pezzali e Mauro Repetto sono due ragazzi di Pavia che negli anni ’90 diedero vita a una delle band più amate e iconiche della storia della musica italiana. La serie inizia con Max, fine anni Ottanta, che ama i fumetti e la musica americana. È un anticonformista in una città dove non c’è nulla a cui ribellarsi. Dopo aver trascurato il liceo viene bocciato, e questo fallimento si rivela una nuova opportunità: nel liceo dove si trasferisce ha un nuovo compagno di banco, Mauro.

La forza narrativa della serie sta proprio qui: non parte dal successo, ma dal fallimento. Max è stato bocciato. Mauro è un ragazzo che cerca di apparire sicuro di sé ma è in continua crisi. Sono due ragazzi qualunque in una provincia qualunque. E proprio per questo, sono universali.

Gli 883, paradossalmente, sono quasi una scusa. In realtà, dietro Hanno ucciso l’Uomo Ragno c’è il tentativo riuscitissimo di parlare di una generazione intera, quella cresciuta tra gli anni Ottanta e Novanta. La serie parla di provincia, di illusioni, di coraggio. E soprattutto, parla di come un sogno possa trasformarsi in realtà anche quando nessuno ci crede.

Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli: la scoperta

Protagonisti sono Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli nei panni, rispettivamente, di Max Pezzali e Mauro Repetto. Nuzzolo e Giuggioli si completano sia da un punto di vista caratteriale—uno più introverso, l’altro più esplosivo—sia da un punto di vista fisico.

Qui sta un altro merito della serie: il casting. Francesca Borromeo e Danilo Sarappa hanno fatto un lavoro straordinario per quanto riguarda il casting, e Hanno ucciso l’Uomo Ragno ci ricorda la capacità che ha Sibilia di trovare nuovi attori, talenti alla prima o alla seconda esperienza, e di valorizzarli al massimo.

Non sono imitazioni. Nuzzolo e Giuggioli non cercano di “fare” Max e Mauro. Li abitano. E questa differenza è fondamentale. La serie non chiede allo spettatore di confrontare continuamente gli attori con i veri Max e Mauro. Chiede invece di credere a questi due ragazzi che stanno costruendo qualcosa di più grande di loro.

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Pavia come personaggio: la geografia dell’impossibile

La location principale della serie è stata Pavia, con alcuni luoghi scelti grazie alla collaborazione del vero Max Pezzali. La casa del protagonista si trova a Borgo Ticino, lontano dal centro. Il Ticino è un’altra importante location: è lì che Max e Silvia si baciano, ed è lì che Max e Mauro cominciano a costruire il loro sogno.

Pavia non è solo lo sfondo. È il personaggio silenzioso che definisce tutto. Una città di provincia dove non succede nulla, dove tutti sembrano conformarsi, dove il futuro è già scritto. Max e Mauro sono intrappolati in questa geografia dell’impossibile—eppure, proprio da qui nascerà qualcosa che cambierà la musica italiana.

Le riprese hanno coinvolto 10 città e 120 location, prima fra tutte Pavia, seguita da Milano e Roma. A Roma e in altri sette paesi del Lazio sono state riprodotte alcune ambientazioni iconiche come il Festivalbar, l’Aquafan, Radio Deejay o il Jolly Blue.

La serie ricostruisce meticolosamente gli anni ’90: le discoteche, le radio, i vestiti, le acconciature. Ma non lo fa con semplice nostalgia. Lo fa con precisione storica, con rispetto per un’epoca che ormai appartiene al passato ma che ha formato intere generazioni.

Sydney Sibilia e il genere che non esiste

Sibilia è famoso per aver diretto la trilogia di Smetto quando voglio, tre film in cui veniva ripreso il genere, veniva riscritto e trasformato in qualcosa di completamente differente. Con Hanno Ucciso l’Uomo Ragno, Sibilia fa lo stesso: prende il biopic musicale e lo trasforma in qualcosa che è allo stesso tempo coming-of-age, storia d’amicizia, ritratto generazionale e dramma sulla provincia.

Il regista ha spiegato: “Ascoltandoli da grande, ho capito perché mi piacevano. Il loro successo è derivato dal fatto che il pubblico si è reso conto che ciò che cantavano era vero anche per loro e ha premiato la semplicità”.

La serie è co-diretta da Sibilia insieme ad Alice Filippi e Francesco Ebbasta, ed è scritta da Francesco Agostini, Chiara Laudani, Giorgio Nerone e Sydney Sibilia. Oltre 3 anni di lavoro, 9 mesi di riprese, 174 location. Una produzione ambiziosa che si vede in ogni frame.

La musica c’è, ma non come ti aspetti

Ecco un dettaglio sorprendente: La musica in Hanno ucciso l’Uomo Ragno c’è ed è fondamentale (quella originale è firmata da Santi Pulvirenti), ma non è mai pressante o insistente; arriva esattamente quando deve arrivare, in modo del tutto naturale e organico.

La sigla della serie è “Con un deca”, brano del 1992, quarto singolo dell’album “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”. Ma la serie non usa le canzoni degli 883 come colonna sonora costante. Sarebbe stato facile. Invece, la serie mostra la nascita di quelle canzoni, il processo creativo, le circostanze che le hanno generate.

Questo è intelligente. Perché trasforma le canzoni che tutti conosciamo in qualcosa di nuovo. Non le ascoltiamo più come hit degli anni ’90. Le ascoltiamo come il prodotto di due ragazzi che cercavano di dare senso al mondo intorno a loro.

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Il cast stellare in incognito

Uno degli aspetti più interessanti della serie è il modo in cui ricostruisce figure chiave dello spettacolo italiano agli esordi. Tra i personaggi ricorrono ritratti divertiti di diverse figure importanti dello spettacolo italiano raccontate agli esordi: da Maria De Filippi a Jovanotti e Fiorello.

Nel cast, oltre a Nuzzolo e Giuggioli, compaiono Ludovica Barbarito (Silvia), Davide Calgaro, Alberto Astorri, Roberta Rovelli, Edoardo Ferrario (che interpreta Claudio Cecchetto), Roberto Zibetti, e Angelo Spagnoletti. Ogni personaggio è costruito con cura, mai ridotto a macchietta.

Perché guardarlo su Sky e NOW

Hanno Ucciso l’Uomo Ragno è disponibile su Sky Serie e in streaming su NOW. Otto episodi, ciascuno di circa 45-50 minuti, che si guardano d’un fiato. Non è solo per chi ama gli 883. Anche se non amate gli 883, potrete comunque divertirvi.

È una serie che parla di sogni, di provincia, di amicizia. Parla del momento in cui capisci che la tua vita può essere diversa da quella che ti aspettavi. Parla del coraggio di provarci, anche quando tutti ti dicono che è impossibile.

“Il nostro superpotere sono i nostri sogni e non ci rinunceremo mai”, dice Max nella serie. E questa frase riassume tutto. Non è nostalgia. È la celebrazione di un momento in cui credere nei propri sogni non sembrava ingenuo, ma coraggioso.

Una serie rara. Una che ricorda cosa significa sognare quando vieni da un posto dove non succede mai nulla. E cosa significa riuscirci.

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