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Quando ci si accomoda davanti a un film come Il vento che accarezza l’erba (titolo originale The Wind That Shakes the Barley), il film del 2006 diretto da Ken Loach, Palma d’Oro a Cannes ed è uno dei capolavori più intensi del regista britannico – disponibile da novembre su RaiPlay – non ci si prepara semplicemente a “vedere una storia”. Piuttosto, ci si lascia travolgere da un vento che scuote qualcosa di profondo, e quel vento ha il sapore del cambio d’epoca, della lotta, dell’ideale che paga un prezzo in sangue e rimpianti.
Il contesto: l’Irlanda degli anni ’20
Siamo nell’Irlanda degli anni ’20: la guerra d’indipendenza contro la dominazione britannica segue i suoi passi nella durezza delle colline, nelle lunghe attese, nei gesti apparentemente quotidiani che poi si trasformano in atti di ribellione. Wikipedia+2The Independent+2
Il regista Ken Loach – maestro nel raccontare il sociale, la vita “dal basso”, la verità che non si veste a festa – qui mette in scena una storia di fratelli, idealismo, delusione e compromesso. Il titolo stesso, che evoca il celebre canto irlandese “The Wind That Shakes the Barley”, lascia intendere che quelle spighe d’orzo, piegate dal vento, sono metafora di generazioni piegate da conflitti generazionali, politici, morali. Wikipedia+1
Perché guardarlo
Non è un film facile, né leggero. E forse è proprio questa la sua forza: ci rende partecipi, ci fa sentire su quei sentieri fangosi, nelle riunioni clandestine, sulla soglia dell’omicidio “giusto” o “necessario”. Come osserva il critico Roger Ebert, «si ha la sensazione di essere accanto a loro, nel vento, nella pioggia, nel fango della storia».
La fotografia – curata da Barry Ackroyd – non cerca la bellezza turistica dell’Irlanda, ma la verità: le colline grigie, le luci fioche, la tensione visiva che tradisce la quiete della natura dietro cui si nascondono ferite.
E poi le performance: Cillian Murphy nel ruolo del medico Damien, riluttante all’inizio, che invece è risucchiato nella lotta; la trasformazione non è banale, e chi la vive – come spettatore – non può non sentire il tremito che accompagna ogni scelta.

Perché tveserie.it lo consiglia
Ci ha colpito quanto questo film metta in discussione il concetto stesso di “vittoria”. Perché ciò che sembra una liberazione può trasformarsi in frattura. Il trattato firmato dopo la lotta, l’accordo che divide, la guerra fratricida che segue: Damien e Teddy diventano simboli di una nazione che si spezza, di un ideale che si divide.
Mi ha colpito che ci siano momenti in cui il vento non accarezza più: sferza. Le scene in cui la sopravvivenza impone compromessi, quando “fare la cosa giusta” non evita che si scelgano parti, quando il dolore chiama a rispondere con violenza. E poi quel finale: molto più che un epilogo storico, è un addio al sogno… o una resa.
Qualche nota critica: la solennità che non accende il cuore
Non tutto è perfetto. Come fa notare la recensione di Empire, il “metodo Loach” – ovvero la macchina quasi documentaristica, il registro realistico – si scontra con la vastità del soggetto: l’intera Irlanda, una guerra, una rivoluzione. Il rischio è che i personaggi diventino simboli più che esseri umani, il conflitto grande più dell’intimità che lo attraversa.
E la rivista Slant Magazine non nasconde la sua delusione: «come documento politico funziona; ma come cuore pulsante, come storia che ti prende fino in fondo… è a tratti mediocre».

Perché vederlo secondo tveserie.it?
Vedendo questo film adesso, su RaiPlay, magari con calma – concedendosi spazio, silenzio dopo la visione –, lo si può leggere anche in un’altra chiave: quella del mondo che cambia, delle generazioni che lottano non solo per “paese” ma per “significato”. In un’epoca in cui la parola “libertà” è spesso evocata ma poco abitata, questa pellicola ci ricorda quanto la libertà costi, quanto sia fragile, come un filo d’erba oscilla nel vento.
Se dopo la visione volete farvi avvolgere ancora da quel senso di fatica e speranza, provate a leggere una recensione inglese (come quelle citate sopra) per capire come il film sia stato accolto in Irlanda e in Gran Bretagna: il senso della colpa, della memoria, del risvolto storico – tutto è lì.
E se amate legare cinema e cucine… perché non preparare, dopo, un piatto che vi riporta alla terra, alla fatica e alla semplicità? Pensate a un “stufato irlandese” che richiama l’Irlanda che combatteva, ma poi tornate con il gusto alle nostre zone: magari un risotto al radicchio tardivo di Treviso o una polenta taragna – ingredienti forti, decisi, che asciugano l’acqua del piatto come la guerra asciuga le vite.
Se state cercando un film che vi faccia “qualcosa”, non solo intrattenimento superficiale, allora Il vento che accarezza l’erba è un buono – doloroso e bellissimo – compagno di serata. Vi farà guardare le colline, l’erba, il vento… e sentire che accarezza anche noi.

Napoletana d’origine e torinese d’adozione, sono cresciuta tra un film di Hitchcock e una pizza da Sorbillo. Sono sempre alla ricerca di una nuova caffetteria o un nuovo sushi e adoro conoscere nuove persone e visitare posti nuovi, vicini e lontani.
